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Le donne quante battaglie devono ancora combattere?

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay 

Oggi ho fatto un po’ di ricerche per il mio post su Instagram riguardo alla Festa della Liberazione.

Volevo guardarla dal punto di vista delle donne, capire cosa ha significato per noi.

Dopo aver visto che il regime ha impedito e ritardato di un paio di decenni l’emancipazione femminile in Italia, non ho potuto fare a meno di chiedermi come vivono le donne negli stati in cui esistono ancora dei governi totalitari.

A mano a mano che facevo ricerche sui vari stati che l’Economist Intelligence Unit ha classificato tra i regimi totalitari ancora esistenti, non potevo non rabbrividire.

Noi donne, in moltissime parti del mondo, siamo ancora vittime di soprusi, abusi e discriminazioni, anche per delle cose che nel nostro paese, per fortuna, ormai sono scontate, come poter accedere all’istruzione, poter scegliere chi sposare, ottenere l’affidamento dei figli o banalmente, ma non tanto, poter cantare e ballare in pubblico.

Poi ho pensato al nostro paese, a quanta strada ancora c’è da fare per scalfire una mentalità patriarcale che ci portiamo dietro da decenni e che si infiltra nelle menti delle persone che compongono la nostra società nei modi più subdoli e che facciamo ancora fatica a classificare come discriminazione o molestia.

Ho iniziato a riflettere su quante battaglie abbiamo combattuto noi donne e su quante ne abbiamo ancora da combattere.

Eppure siamo in tante, perché non riusciamo ad imporre la nostra voce quando qualcuno cerca di metterla a tacere, più o meno violentemente?

Perché è ancora così difficile sradicare una mentalità che permea la nostra società secondo la quale uomini e donne non sono allo stesso pari?

Potrebbe sembrare banale ma mi sembra che questo modo di pensare si celi anche nelle cose più semplici.

Prendiamo, ad esempio, i posti di lavoro in cui ancora si permettono di chiederci se vogliamo avere dei figli, facendolo diventare motivo di discriminazione per un’assunzione.

Oppure quando una donna cerca di farsi strada nel mondo del lavoro ma inspiegabilmente viene considerata meno capace o performante di un uomo e per questo percepisce uno stipendio inferiore a parità di qualifica e posizione.

Oppure quando, all’interno della famiglia, il nostro uomo pensa di “darci una mano” nelle faccende domestiche, come se questo fosse per forza compito nostro e la sua partecipazione una gentile concessione.

O ancora quando come madri veniamo viste male se dedichiamo del tempo al lavoro o a noi stesse, come se questo ci rendesse un genitore peggiore, ma se la stessa cosa la fa l’uomo è considerata normale.

Così mi sono chiesta cosa possiamo fare ma soprattutto: quanto noi contribuiamo ad essere parte del problema?

Sembra quasi che quella subliminale mentalità patriarcale abbia convinto anche noi della normalità di tutto ciò.

Fatichiamo a ribellarci, ad imporci, a pretendere il giusto. Ci sentiamo quasi in colpa o sbagliate a pensare fuori dagli schemi di questo tipo di mentalità.

Abbiamo ancora bisogno di un’altra donna che ci dica che è giusto non accettare di rispondere a domande sulla vita personale ad un colloquio, o di sentire su di noi l’intero peso della gestione di lavatrici e panni da stirare, o che possiamo uscire con le amiche anche se abbiamo dei figli.

Abbiamo ancora tanto bisogno di farci forza l’una con l’altra per sostenerci in questa battaglia.

Abbiamo bisogno di restare unite e supportarci per non dimenticare che la battaglia per la parità dei diritti non è ancora finita.

Il mio pensiero va a tutte voi donne, come me, che ogni giorno provate ad alzare la testa e a ribellarvi, siete delle eroine, in qualunque parte del mondo vi troviate.



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